Più 130% di bottiglie vendute all’export in appena 15 anni: è un numero a tre cifre a sancire quanto il Franciacorta sia ormai apprezzato a livello internazionale e quanto questo vino abbia riscosso il favore dei wine lovers di tutto il mondo. Confrontando i dati del 2011 e del 2024 si passa, infatti, da 1 milione di bottiglie inviate fuori dai confini nazionali a 2,3 milioni, con le esportazioni che, con un trend in decisa crescita, coprono ormai il 12% delle vendite complessive, pari a 19,1 milioni di bottiglie, con risultati decisivi sul mercato svizzero (22,1% sul totale), statunitense (12,6%), giapponese e tedesco (entrambi al 10,8%). Ma il mercato interno resta comunque quello più importante in termini di volume, e anche questo interessato da una crescita importante negli ultimi 15 anni: da 10,6 milioni di bottiglie del 2011 si è arrivati alle 16,8 milioni di bottiglie vendute in Italia nel 2024. Ma i numeri non bastano per raccontare il successo di questo prestigioso Metodo Classico, uno dei fenomeni di maggior rilievo del mondo del vino italiano e mondiale, che nasce in un territorio che comprende 19 comuni (Adro, Brescia, Capriolo, Cazzago San Martino, Cellatica, Coccaglio, Cologne, Corte Franca, Erbusco, Gussago, Iseo, Monticelli Brusati, Ome, Paderno Franciacorta, Paratico, Passirano, Provaglio d’Iseo, Rodengo Saiano e Rovato) su una superficie vitata a Franciacorta Docg di 3.393 ettari, con una prevalenza di Chardonnay (79%), seguita da Pinot Nero (18,1%), Pinot Bianco (2,6%) ed Erbamat (0,3%). Ma è, anche e piuttosto, la storia di qualità del Consorzio Franciacorta, che in questi giorni ha festeggiato ad Erbusco, i suoi primi 35 anni con tanti progetti portati a termine e molti in essere nel segno della conoscenza del territorio di produzione per innalzare la qualità delle sue bollicine, in vigneto come in cantina, ad aver davvero fatto la differenza. Un territorio che si è evoluto di pari passo con il suo grande vino - premiato con il riconoscimento di “International (Non U.S.) Wine Region of the year” 2024 da Wine Enthusiast - coinvolgendo il mondo dell’arte, della moda, delle corse automobilistiche e dello spettacolo. E che è stato capace di trasformare paesaggio e patrimonio agricolo, e di crescere accompagnando lo sviluppo del turismo locale, come ha fatto conquistando con le sue bollicine i mercati di tutto il mondo.
“Avete saputo affrontare le sfide con determinazione - ha detto il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in apertura delle celebrazioni del Consorzio Franciacorta “custode di un territorio d’eccellenza” - grazie a un disciplinare rigoroso che è alla base del successo di questo prodotto apprezzato in tutto il mondo”.
“Una storia non molto lunga, ma neppure breve, che deve proseguire portando avanti il lavoro comune sulla denominazione per mantenere quanto conquistato fin qui, su cui i giovani si dovranno impegnare”. Questo in estrema sintesi il messaggio consegnato da alcuni dei presidenti che si sono succeduti alla guida del Consorzio Franciacorta, da Riccardo Ricci Curbastro a Claudio Faccoli, da Maurizio Zanella a Vittorio Moretti, fino a Silvano Brescianini, presidente attuale del Consorzio (in carica fino a maggio quando scadrà il suo secondo mandato, e con il quale WineNews ha parlato a tutto tondo del Franciacorta e della Franciacorta, in un’intervista), che ha sottolineato “la fortuna e la responsabilità di aver ereditato un territorio straordinario, da preservare con cura per le generazioni future”. Un messaggio che contiene in sé lo slancio vitale della filiera vitivinicola franciacortina forte di una viticoltura “contaminata” e gestita con la mentalità imprenditoriale di altri settori in un mix vincente. Il Consorzio Franciacorta è nato nel 1990 dall’iniziativa di 29 produttori a tutela della denominazione riconosciuta nel 1967, fino ad allora sotto l’ala dell’Ente Vini Bresciani. Poi nel 1995 la conquista della “G” della denominazione di origine controllata e garantita, che ha posto le basi per uno sviluppo in grado di unire al meglio tutela del prodotto e del paesaggio. Oggi quasi il 20% della Franciacorta è coperta da vigneti per una superficie totale di 20.370 ettari distribuiti su 19 comuni. La superficie vitata è pari a 3.393 ettari e le cantine sono oltre 120 per più di 200 soci coinvolti nella filiera produttiva delle denominazioni Franciacorta Docg, Curtefranca Doc e Sebino Igt. Più della metà dell’attuale patrimonio viticolo franciacortino è stato piantato tra 15 e 30 anni fa sullo slancio dato dalla compagine che ha fondato il Consorzio. In dettaglio: il 30% ha tra i 15 e i 19 anni; il 26% tra i 20 e i 29 anni; il 10% tra 30 e i 40 anni; il 10% dei vigneti più recenti ha tra i 10 e i 14 anni, e il 12% nel 12% tra i 4 e i 9 anni, mentre quelli con meno di tre anni sono attualmente attorno all’8%.
A ribadire i numeri del Franciacorta che, nel quadro della turbolenza che investe il vino, come tutte le bollicine, naviga in acque meno turbolente rispetto ai fermi, Denis Pantini, economista di Nomisma WineMonitor (che WineNews ha intervistato), sottolineando come a livello mondiale cali il consumo di rossi, mentre aumenta quello di sparkling che hanno le maggiori prospettive di crescita perché intercettano, trasversalmente rispetto alle fasce di età, i gusti dei consumatori orientatisi negli ultimi 5 anni verso vini di maggiore qualità, prodotti di regioni differenti, attenzione alla salute, al green e alla freschezza.
La curiosità di conoscere vini differenti fa il paio con la voglia di visitare i territori del vino e la Franciacorta esercita un forte appeal grazie anche alle sue bollicine. In parallelo con lo sviluppo del Consorzio e la collaborazione con l’Associazione “Strada del Franciacorta”, nata nel 2020, il turismo in provincia di Brescia è cresciuto in maniera sensibile e costante: gli arrivi sono aumentati da 1,8 milioni nel 2008 (di cui 118.633 negli agriturismi e i restanti nelle altre strutture) a 3 milioni nel 2023 (di cui 264.340 negli agriturismi) - con la “pausa” della pandemia - così come le presenze, passate rispettivamente da 7,9 milioni a 10,6 milioni, con un picco di 11,3 milioni nel 2022. Un richiamo dovuto anche alla ribalta internazionale del Franciacorta goduta nell’Expo 2015 Milano di cui è stato “Official Sparklig Wine” e per aver ospitato sul Lago di Iseo “The FloatingPiers”, l’ultima e attesissima opera del noto artista bulgaro Christo, una passerella sull’acqua lunga 3 km per una superficie di circa 70.000 mq di cui si è parlato su tutti i giornali del mondo.
“Il valore dell’export degli sparkling - ha illustrato Pantini - è raddoppiato in 10 anni, contro un aumento del 30% dei fermi e le previsioni dei consumi a 5 anni li danno in ulteriore crescita. Un trend individuato a livello nazionale e internazionale di buon auspicio grazie al quale il Franciacorta potrà godere anche di un posizionamento migliore rispetto a quello attuale in virtù del fatto che comunque i consumatori sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, andando oltre il Prosecco senza necessariamente approdare allo Champagne”. Prosecco da un lato e Champagne dall’altro a descrivere l’ampiezza di un segmento in cui si trovano i Metodo Classico italiano che Silvano Brescianini non ritiene concorrenti, ma alleati. “Nessuno dei due è un nostro competitor - ha sottolineato - il Prosecco con la sua freschezza e accessibilità avvicina i giovani e apre un viatico anche verso il Franciacorta. Lo Champagne, con cui non pensiamo certo di competere, è l’ambasciatore della cultura dello sparkling e sui mercati dove è importante anche il Franciacorta va meglio. I nostri veri e principali competitor sono i non consumatori di vino”.
Da uno studio di Nomisma WineMonitor sulla percezione dei consumatori italiani circa Franciacorta, Prosecco e Trento Doc, è emerso che sostanzialmente il Prosecco è considerato come uno spumante legato alla convivialità e alla freschezza, mentre al Franciacorta si attribuiscono qualità, eleganza, collegamento con il territorio e anche con il lusso. Quest’ultima percezione è il risultato di collaborazioni e partnership del Consorzio come quella con la Guida Michelin, che nel 2021 ha eletto la Franciacorta quale Destination Partner, poi ampliatasi negli anni successivi. Marco Do, direttore Comunicazione e Relazioni Esterne di Michelin Italia, ha posto l’accento “sui valori di serietà e autorevolezza che accomunano la Guida Michelin al Consorzio Franciacorta”, auspicando che “la collaborazione avviata nel 2021 continui a svilupparsi”. Intanto la partnership con Michelin si è ampliata con il Premio Miglior Sommelier nel 2023, e nel 2024 è stato assunto il nuovo e strategico ruolo di “Sparkling Wine Partner”, che ha permesso a Franciacorta di diventare il partner esclusivo delle cerimonie della Guida Michelin negli Stati Uniti. E ancora, della collaborazione con la Camera Nazionale della Moda Italiana in essere fin dal 2012 e che nel 2023 ha portato a un tavolo di confronto tra vino e moda sulle tematiche della sostenibilità, su cui entrambi lavorano in modo strutturato. Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, ha evidenziando come entrambi i settori siano “sempre più orientati verso la sostenibilità e debbano fornire modelli virtuosi”. In ambito automobilistico dal 2019 il Consorzio Franciacorta è partner come “Sparkling Official Wine” della 1000 Miglia, la mitica corsa nata nel 1927, e dal 2021 della Porche Carrera Cup Italia, prestigioso campionato monomarca. Dal 2021 affianca gli Emmy Awards, l’evento più prestigioso dell’anno per la televisione americana che celebra i risultati più importanti e gli artisti più talentuosi del settore. Il Consorzio è anche “educational partner” di Cast Alimenti, Intrecci e Alma-Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Ed a proposito dell’importanza di creare sinergie e relazioni di valore con realtà di settori differenti, dal fashion al food, dal lusso all’hôtellerie, a questi interventi si sono aggiunti quelli di Enrico Buonocore, ceo e founder di Langosteria, e di Goffredo “Dino” Dell’Appennino, General Manager del Bulgari Hotel Milano, che hanno sottolineato come il Franciacorta “sia sinonimo di eccellenza e qualità”, valori imprescindibili anche nel mondo della ristorazione e dell’hôtellerie di lusso.
Tuttavia, quelle emerse dalla ricerca Nomisma sono buone notizie per le bollicine franciacortine che, però, non sono al riparo dalla riduzione dei consumatori abituali tra i giovani fino a 24 anni e anche tra gli over 60, che sostenevano quantitativamente il vino con il consumo quotidiano, ma per questioni salutistiche stanno perdendo l’abitudine al vino divenendo a loro volta sempre più consumatori occasionali. Il Franciacorta, tuttavia, è da considerare come un prodotto di nicchia, non tanto e solo per l’entità della produzione, quanto perché la sua presenza è concentrata nel canale horeca e ancora poco legata dal consumo quotidiano. L’indagine Nomisma evidenzia che se il 95% del campione conosce il Franciacorta solo il 61% l’ha consumato, dato questo che richiama all’importanza della comunicazione. “Un ambito che dobbiamo potenziare perché siamo orientati a fare bene il vino, vivendo in contesti belli e storici di cui non raccontiamo abbastanza. Un compito che viene più naturale alla terza generazione di produttori, che rappresentano il futuro, più avvezzi ai viaggi e a una visione più globale del mondo”, ha detto a questo proposito Brescianini.
Molti dei progetti portati avanti dal Consorzio, in primis la zonazione iniziata nel 1992 in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano per individuare le tipologie di terreni e dare strumenti a viticoltori, agronomi ed enologi per adattare ad esse la coltivazione della vite, hanno amplificato la vocazione del territorio Franciacorta alla produzione di Metodo Classico. Alla prima zonazione ne è seguita una seconda che ha portato all’individuazione di 135 Uga (Unità Geografiche Aggiuntive) appena approvate dall’assemblea del Consorzio, che cominceranno l’iter che le porterà in Regione Lombardia prima, al Ministero, e per poi approdare a Bruxelles. “Visti i tempi sia burocratici sia relativi al lungo affinamento del vino sui lieviti, le prime bottiglie che rivendicheranno le Uga non usciranno prima del 2030 - ha spiegato Brescianini. E circa la loro numerosità Alessandro Masnaghetti, il “cartogrado del vino” punto di riferimento a livello mondiale nella cartografia viticola e nello studio del legame tra vino e paesaggio, ha spiegato che essenzialmente le Uga “fotografano” il territorio e il loro numero dipende dalle diversità individuate. Sono uno strumento per raccontare la Franciacorta in modo completo e corretto. “Il problema di tutte le do italiane e anche di quelle del resto del mondo - ha detto Masnaghetti lanciando una provocazione - è l’univocità del racconto, il “come” si racconta. Questo è l’obiettivo ultimo di una mappa dettagliata del territorio su basi scientifiche, che argina anche la perdita dei toponimi che sono uno strumento fortissimo di comunicazione del territorio”.
La vocazione alla viticoltura ha negli anni perso il suo significato stringente all’inseguimento della produzione di vini richiesti dal mercato. Così il successo e l’aumento dei consumi delle bollicine ha portato a produrle ovunque e da qualsiasi vitigno, con risultati non sempre lusinghieri. Stesso copione traslato nel tempo ha interessato i vini rosa. “Forse abbiamo perso il significato vero della parola “vocazione” - ha spiegato Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia al mondo - in latino “vocatio” vuol dire chiamata e in viticoltura attitudine alla qualità. In tutti questi anni passati abbiamo dato peso agli elementi strutturali della vocazione: vitigno, suolo, clima, saper fare del viticoltore, tecniche enologiche, ma abbiamo dimenticato gli elementi fondamentali: quelli ontologici. Un territorio ha come caratteristica fondamentale l’essenzialità, come ogni uomo. Il concetto di essenzialità per Aristotele e anche per Immanuel Kant è qualcosa di irripetibile, qualcosa di molto particolare. Ecco, noi abbiamo voluto agire su territori viticoli non tanto per quello che potevano dare nella loro capacità di esprimere un certo vino, ma per quello che interessava al mercato, ignorando l’attitudine alla viticoltura in generale e a vitigni specifici. Non tutti i vitigni vanno bene dappertutto. La perdita del significato della vocazione si legge nella foga di fare spumanti dappertutto. È possibile che dove fino a ieri si facevano vini rossi da 15 gradi, improvvisamente si facciano bianchi da 8-9 gradi per fare degli spumanti? Bisogna tornare a un concetto un po’ più ampio considerando tutto ciò che c’è attorno a un vigneto e che gli consente di farlo vivere in modo sostenibile e questo consente anche una riduzione dei costi di gestione. Fare questo è possibile solo se ritorniamo a mettere la vite assieme al bosco, e può sembrare una stupidaggine, ma non lo è, perché le altre piante, gli alberi producono delle sostanze volatili, come per esempio terpeni, che hanno una capacità enorme di stimolare nella vite la produzione di sostanze di difesa nei confronti di funghi e insetti. Non a caso la vite, che è una liana, si è coevoluta con i suoi tutori arborei, tutori non solo meccanici”.
Anche sulla sostenibilità il lavoro del Consorzio è stato incisivo, ricco di progetti e di iniziative per ottimizzare la produzione nel rispetto delle risorse e privilegiando la scelta di materiali ecocompatibili e, quando possibile, le fonti di energia rinnovabili. Un elenco molto lungo che vanta collaborazioni con le Università di Milano, Brescia e Verona e con la Fondazione Mach di San Michele all’Adige. A illustrare le ultime ricerche sulla valutazione della sostenibilità delle aziende vitivinicole, che prendono in esame numerosi parametri - come fissazione dell’azoto e sequestro del carbonio da parte del suolo, la sua struttura e l’erosione, la ritenzione idrica il controllo dei fitofarmaci - Isabella Ghiglieno, ricercatrice presso il DiCATAM dell’Università degli Studi di Brescia, che ha spiegato quanto sarà fondamentale nel prossimo futuro il trasferimento al settore dei risultati delle ricerche attraverso sistemi di supporto delle decisioni per la valutazione della biodiversità, dei servizi ecosistemici e quindi per la sostenibilità in viticoltura. Un progetto questo molto ambizioso, secondo Brescianini che si configura come una “zonazione 3.0” fondata sulla biodiversità funzionale del territorio che ha la peculiarità di aggiornarsi continuamente ed è foriera non solo del miglioramento della qualità del vino, ma anche di una crescita culturale. Tuttavia è necessario, ha suggerito Scienza, utilizzare le aree tra i vigneti per piantare boschi sia per quanto detto sulle sostanze volatili sia per la loro funzione di raffrescamento, e fare un ulteriore salto di qualità per superare l’attuale modello viticolo troppo costoso e difficilmente sostenibile, adottando sesti di impianto molto più larghi in cui gli spazi tra i filari disperdano l’infrarosso raffrescando il microclima del vigneto, portinnesti che consumino meno acqua, pareti fogliari di copertura, ma non troppo estese. Un modello in cui la vite possa vivere senza acqua. “L’intensificazione della coltura - ha confermato Luisa Mattedi, fitoiatra di lunga esperienza all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e l’Università di Viticoltura ed Enologia di Trento - provoca una semplificazione della biodiversità delle specie presenti nell’ecosistema del vigneto che crea squilibri e rende più fragili le piante. La biodiversità, cioè la convivenza di numerose specie viventi sulla stessa superficie, e i suoi effetti positivi si possono perseguire con metodi di coltivazione più rispettosi come il biologico, dimostrati da numerose sperimentazioni che la misurano. Tuttavia serve una nuova mentalità per abbandonare la paura che ha portato a una sorta di “dipendenza” dai fitofarmaci, per convivere con soglie di malattie e parassiti, nel rispetto del reddito dell’agricoltore. E il ruolo della ricerca è importantissimo, in generale e anche per indagare sul fenomeno dell’immunizzazione delle piante”.
A offrire uno sguardo “esterno” sulla realtà Fraciacortina Essi Avellan, prima Master of Wine della Finlandia - autorità riconosciuta nel campo dello Champagne e dei vini spumanti, membro della giuria di numerose prestigiose competizioni enologiche e pubblicazioni (con la quale WineNews si è confrontata in un’intervista sul futuro della spumantistica italiana) - e Amy Wislocki, oltre 30 anni di esperienza nell’editoria e ruoli di alto livello in aziende leader nei settori del consumo, business-to-business e dell’editoria contrattuale, prima di entrare in Decanter nell’ottobre del 2000 come Magazine Editor. Le due ospiti straniere hanno evidenziato come il lavoro fatto fin qui dal Consorzio sia stato entusiasmante suggerendone la comunicazione per far arrivare il Franciacorta nel bicchiere di quei consumatori curiosi che già spendono la stessa cifra per bere uno Champagne. E la ricetta suggerita per avvicinare i giovani è l’enfatizzazione dell’autenticità del territorio raccontando cosa c’è dietro il bicchiere, attagliando la comunicazione sui diversi target di consumatori, e non dimenticando mai che alcuni di essi sanno più cose degli esperti che quindi devono avere una conoscenza molto approfondita. E il futuro si gioca sulla sostenibilità nella scelta del prodotto da parte dei monopoli - per esempio in Finlandia - e dei consumatori, anche se oggi è difficile orientarsi tra marchi diversi e operazione di green washing.
A chiusura della tre giorni (5-7 marzo), la degustazione tecnica condotta dai Master of Wine italiani Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo ha offerto un’ulteriore occasione per celebrare il Franciacorta. I festeggiamenti per i 35 anni del Consorzio proseguiranno con i wine lovers, domani e il 9 maggio, con il “Festival Franciacorta di Primavera”, un evento in cui cultura, enogastronomia e tradizione si intrecciano in un’esperienza autentica.
Focus - Franciacorta, una cultura sostenibile in tutte le fasi della produzione
Anche il concetto di sostenibilità è da sempre presente nella filosofia del Consorzio Franciacorta, impegnato fin dalle origini nel prendersi cura del territorio in cui nasce questo vino d’eccellenza. Un’anima green che esisteva quindi ben prima che questo tema diventasse ancora più centrale, come successo negli ultimi anni. Lo dimostrano i tanti progetti e le numerose iniziative messe in atto in questo senso, che hanno come obiettivo quello di ottimizzare la produzione nel rispetto delle risorse e privilegiando la scelta di materiali ecocompatibili e, quando possibile, le fonti di energia rinnovabili. Tra le attività più importanti degli ultimi 15 anni c’è per esempio il Progetto Ita.Ca® (Italian Wine Carbon Calculator), una metodologia condivisa a livello internazionale in grado di stimare la quantità di emissioni derivate dal processo produttivo. Nel 2010 il Consorzio Franciacorta è stato il primo e unico in Italia a promuovere un monitoraggio delle emissioni di gas serra a livello territoriale, con una rappresentatività superiore rispetto agli altri Paesi, coinvolgendo un numero di aziende pari circa al 60% della superficie vitata del Franciacorta Docg. Al 2013 risale il progetto Biopass per lo studio della biodiversità in vigna, mentre nel 2015, accanto al già avviato monitoraggio dei fitofagi, è stato svolto anche quello dei flussi di Co2 nei vigneti. Nel 2019, attraverso il progetto F.A.RE.SU.BIO si è potuto invece valutare l’evoluzione della sostanza organica nel suolo e studiare la biodiversità funzionale. Tra le numerose pratiche green, va ricordato anche come il Consorzio Franciacorta abbia promosso il progetto Erbamat, che ha consentito di riportare sulla scena questo antico vitigno autoctono, conosciuto fin dal Cinquecento. Tanto che, approvato l’Erbamat nel quadro varietale del Franciacorta, i produttori possono quindi trovare nuove opportunità di sviluppo anche attraverso questo vitigno da secoli parte integrante del territorio.
Il Consorzio Franciacorta è da tempo impegnato nel dare vita ad una viticoltura capace di armonizzarsi al meglio con l’ambiente. Per questo sono di fondamentale importanza gli investimenti in progetti di ricerca in grado di valutare gli effetti immediati e futuri di ogni intervento in campo, migliorare e ottimizzare la produzione, rispettare le risorse e conservare e aumentare la biodiversità, con un occhio di riguardo per tutte quelle tecniche che consentano una riduzione nell’utilizzo di prodotti fitosanitari. Alla base di questo impegno ci sono gli studi di zonizzazione iniziati già nel 1992 attraverso la collaborazione tra il Consorzio e l’Università degli studi di Milano. Individuate le sei tipologie di terreni che contraddistinguono l’area, si è potuto così adattare la coltivazione a ogni specifico contesto. Inoltre, questi studi sono diventati uno strumento essenziale nelle mani del viticoltore, dell’agronomo e dell’enologo per le scelte da applicare in campo. Da qui sono nate diverse azioni che si sono succedute nel corso degli anni e che hanno permesso di perseguire l’obiettivo di una viticoltura sempre più efficiente e sostenibile: si va dagli impianti adeguati al tipo di suolo fino alla riduzione delle concimazioni grazie ad un’oculata gestione del sottofila e dell’interfila, passando da un utilizzo sempre minore e più ottimizzato dei fitosanitari, per arrivare fino agli studi sul monitoraggio dei patogeni e della biodiversità nei vigneti analizzando le popolazioni di insetti e studiando la relazione di questi aspetti con la sanità delle vigne. Inoltre, che il Consorzio Franciacorta ha messo a punto il primo regolamento unico in materia di utilizzo degli agrofarmaci per normare le modalità di distribuzione dei prodotti sui vigneti, con limiti più restrittivi rispetto a quelli previsti dalle normative. Nell’ottobre 2024 è stato inaugurato anche il Laboratorio di Microvinificazione, un progetto nato dalla collaborazione tra il Consorzio Franciacorta e l’Accademia Symposium. Finanziato nel bando Pnrr per il Potenziamento dei laboratori degli Istituti Tecnologici Superiori - Its Academy, il Laboratorio offre nuove opportunità per lo sviluppo di tecniche vitivinicole avanzate e tra i suoi obiettivi ha anche quello di formare le future generazioni di professionisti del settore. Nel laboratorio viene svolta l’attività di microvinificazione e cantina sperimentale, replicando in piccola scala tutto il processo produttivo del vino, con l’arrivo di uva da vigneti sperimentali dell’areale Docg, oggetto di ricerca. Ma, in conclusione, gli investimenti in progetti di ricerca sono costanti: attualmente sono in corso 13 progetti con l’Università degli Studi di Milano che coinvolgono 91 vigneti; altri 4 con l’Università degli Studi di Verona su 24 vigneti; aquesti si sommano i 3 progetti di ricerca avviati su 15 vigneti con Agrea Centro Studi, i due studi avviati con la Fondazione Edmund Mach e la collaborazione dell’Università di Brescia con il corso di laurea Sistemi agricoli sostenibili.
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